sabato 8 ottobre 2011

Cristofolo Colombo- Wikipedia.

Cristoforo Colombo (in latino: Christophorus Columbus, in spagnolo: Cristóbal Colón, in portoghese: Cristóvão Colombo; Genova, fra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451[1]Valladolid, 20 maggio 1506) è stato un esploratore e navigatore italiano, cittadino della Repubblica di Genova prima e suddito spagnolo poi. È stato tra i cinque principali navigatori italiani che presero parte al processo di esplorazione delle grandi scoperte geografiche a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Deve la sua fama mondiale alla scoperta del continente americano, avvenuta il 12 ottobre del 1492, ricorrenza nota come Columbus Day, celebrata in Spagna e nelle Americhe.

I primi viaggi da commerciante [modifica]

Genova, Castello d'Albertis, Museo delle Culture del Mondo, Loggia, statua del "Colombo giovinetto", di Giulio Monteverde
Primogenito dei quattro figli (tre fratelli e una sorella)[2] di Domenico ("Dominicus Columbus quomdam Johannis") e Susanna Fontanarossa ("Sozana de Fontana Rubea"), gestori di una piccola azienda tessile, e successivamente, da quando si spostarono da Genova a Savona di un'osteria.[3] L'infanzia la trascorse seguendo i genitori nella nuova abitazione sita in vico Diritto di Ponticello,[4] mentre le informazioni sul suo conto diventano note a partire dal 1470, quando si trasferirono a Savona. Egli con ogni probabilità, nacque all'interno del territorio genovese.[5]
In una lettera Colombo stesso afferma di aver iniziato a navigare a quattordici anni.[6] Nei suoi viaggi, nelle firme che poneva sulle lettere latinizzò il proprio nome com'era usanza del tempo, in seguito nelle stesse utilizzò il nome in castigliano, Cristóbal Colón.[7]
Stemma di Colombo istituito dai sovrani di Spagna il 20 maggio 1493[8]
Stemma di Colombo istituito dai sovrani di Spagna il 20 maggio 1493[8]
Stemma di Colombo istituito dai sovrani di Spagna il 20 maggio 1493[8]

Stemma della famiglia Colombo usato motu proprio a partire dal 1502[9]
Dopo aver prestato servizio sotto Renato d'Angiò, nel 1473 Cristoforo iniziò l'apprendistato come agente commerciale per i traffici di merci gestiti dalle famiglie Centurione, Di Negro e Spinola. Di questi anni sono alcuni racconti che riguardavano la vita di Cristoforo.[10] Nel 1473 partì alla volta di Chio in Grecia, navigando su di un'imbarcazione di nome Roxana, dove rimase circa un anno.[11] In seguito giunse nel Portogallo. Nel 1476 Colombo fu a Bristol, dopo aver fatto presumibilmente parte della flotta genovese, diretta in Inghilterra, che fu attaccata da navi francesi al largo del Capo Vincenzo, a stento secondo il racconto Cristoforo trovò scampo.[12] Poi si recò a Galway in Irlanda e nel 1477 raggiunse verosimilmente l'Islanda.[13]
Verso il 1479 Colombo si trasferì a Lisbona, continuando a commerciare per la sola famiglia Centurione, con un rapido ritorno in Liguria. L'anno successivo al ritorno del suo viaggio verso il nord sposò Filipa Moniz Perestrello,[14] figlia di Bartolomeo Perestrello il Vecchio (genovese e governatore di Porto Santo), e di Isabel Moniz, dalla quale nel 1481 ebbe un unico figlio dalla relazione, Diego, e si trasferirono prima a Porto Santo dove rimasero per due anni e successivamente a Madera,[15] in questo periodo Colombo si dedicò senza successo al commercio.[16]
Poco tempo dopo si trasferì a Lisbona, dove il fratello Bartolomeo lavorava come cartografo come era d'uso tra i molti genovesi dell'epoca che dimoravano in quella città. Fu probabilmente in questo periodo della sua vita che nella mente di Cristoforo iniziò a prendere forma il disegno della rotta breve per le Indie, e sempre a questo periodo si fa risalire l'ipotetico incontrò con un naufrago che prima di morire tracciò una mappa delle lontane terre oltre oceano ispirando Cristoforo.[17] La moglie morì anni dopo nel 1485.

La via breve per le Indie [modifica]

Cristoforo Colombo in ginocchio davanti alla regina Isabella di Castiglia
Basandosi sulle carte geografiche del suocero, sui racconti dei marinai e sui reperti (canne, legni ed altro) trovati al largo delle coste delle isole del "Mare Oceano" (l'oceano Atlantico), Colombo cominciò a convincersi che al di là delle Azzorre dovesse esserci una terra e che questa non potesse essere altro che l'Asia.
A Lisbona Colombo cominciò a documentarsi ed a leggere testi geografici, come la Historia rerum ubique gestarum di papa Pio II stampata nel 1477, l'Imago mundi di Pierre d'Ailly (1480) e Il Milione di Marco Polo. Una notevole influenza sulla decisione poi presa da Colombo dovette esercitare una lettera che nel 1474 Paolo Toscanelli indirizzò ad un canonico di Lisbona, Fernando Martins de Reriz. Nella missiva, che è quasi certo che Colombo conoscesse, il fisico fiorentino riteneva percorribile una rotta verso ovest per raggiungere l'India.[18]
Incontrò il re Giovanni II nel 1483 e nell'udienza gli chiese la somma necessaria per il suo progetto, ma dopo aver consultato i suoi esperti il Re rifiutò la proposta.[19]
Statua dedicata a Colombo a Madrid.
Colombo nel 1485, dopo la morte della sua donna, si recò in Spagna a Palos de la Frontera insieme al figlio.[20] Poi si recò a Siviglia. Cristoforo era alla ricerca di qualcuno che potesse finanziare l'impresa: dapprima provò con il duca Medina Sidonia ma non avendo ottenuto egli l'appoggio della corona si trovò costretto a rifiutare, in seguito tentò con don Luis de la Cerda, duca di Medinaceli che convinse parzialmente la regina Isabella di Castiglia, la quale decise quindi di incontrare Colombo.[21]
Recatosi a Cordova[22] giunse, il 20 gennaio 1486, al cospetto di Alfonso de Quintanilla, tesoriere dei regnanti,[23] come preludio all'incontro con la Regina, in quel momento assente. L'esploratore intanto visse nella città frequentando i Barroia (i fratelli Luciano e Leonardo) che gli presentarono Diego de Arana,[24] di cui conobbe la moglie Costanza e la cugina Beatrice (Beatriz Enríquez de Arana). Quest'ultima, ventenne di famiglia dedita al commercio vinicolo e orfana da tempo, ebbe una relazione con Colombo[25] che non giunse al matrimonio. Il navigatore ebbe una relazione anche con la marchesa di Moya.[26] I primi di maggio dello stesso anno arrivarono i regnanti nella città e Ferdinando II di Aragona e Isabella incontrarono Cristoforo.[27] L'esploratore presentò il suo progetto di raggiungere per mare il Catai ed il Cipango. Una commissione si riunì per vagliare le effettive possibilità di riuscita del viaggio, presieduta da padre Fernando de Talavera[28] e composta da uomini dotti fra cui Rodrigo Maldonado; essi seguirono i reali nelle città di Cordova, fino a fine anno e poi si trasferirono a Salamanca. La loro decisione tardò a venire, si attese la fine del 1490 per conoscere il verdetto di quella che venne definita la "battaglia di Colombo",[29] e gli esperti alla fine bocciarono la proposta.[30]
Nel 1488 Colombo ebbe un altro figlio, Fernando Colombo, da Beatrice. Negli anni seguenti Colombo cercò varie volte di farsi ascoltare dalla corte castigliana e decise di rivolgersi pure, tramite il fratello Bartolomeo, ai sovrani d'Inghilterra e di Francia, intanto conobbe Martin Alonso Pinzon. Nel 1492, col protrarsi dell'attesa, il navigatore era giunto oramai ai limiti della resistenza, e, dopo sette anni di soggiorno in Spagna, anche le sue risorse economiche si erano ridotte al punto da non essere quasi più in grado di provvedere alla sua famiglia,[31] era giunto a vendere libri e disegnare mappe[32]

Realizzazione del progetto [modifica]

I tre velieri in una stampa di Gustav Adolf Closs del 1892
Padre Juan Perez, confessore personale della regina, tramite Sebastiano Rodriguez[33] fece recapitare una missiva alla stessa regina, la quale due settimane dopo fece convocare padre. Il tesoriere Luis de Santangel, Ferdinando Pinello e altri intanto assicurarono la copertura finanziaria eventualmente richiesta.[34] Si riunirono nuovamente gli esperti, mentre Colombo ricevette tramite lettera la comunicazione di una nuova udienza.
Decisivo fu altresì il contributo del vescovo Alessandro Geraldini originario della città di Amelia, anche lui confessore della regina Isabella e amico personale di Colombo e del fratello Antonio; per sua insistenza, la regina si convinse definitivamente a consentire il viaggio del grande navigatore. Colombo avrebbe poi intitolato una delle isole del nuovo mondo a Graziosa, madre del Geraldini, e il prelato divenne anche il primo vescovo residenziale delle Americhe.
Si recò a Siviglia, ma i reali si erano tasferiti a Santa Fe, Colombo li raggiunse e nell'incontro, dove i reali erano propensi ad accettare di finanziare l'impresa, dettò le sue condizioni. Colombo chiese il titolo di ammiraglio e la carica di viceré e "governatore delle terre scoperte", titolo che doveva essere ereditario, la possibilità di conferire ogni tipo di nomina nei territori conquistati[35] e, inoltre, una rendita pari al 10% di tutti i traffici marittimi futuri. Le richieste furono considerate eccessive e non si fece alcun accordo.
Colombo partì, ma venne richiamato[36] e le richieste accettate in caso di riuscita del viaggio. Durante le trattative che durarono tre mesi, Isabella si fece rappresentare da Juan de Coloma, mentre le bozze erano redatte dallo stesso padre Perez. Il contratto, (Capitolaciones) firmato il 17 aprile 1492 prevedeva cinque paragrafi.[37] La somma necessaria per l'armamento della flotta, pari a 2.000.000 di maravedí, sarebbe stata versata metà dalla corte e metà da Colombo, finanziato da alcuni banchieri genovesi, tra cui il Banco di San Giorgio ed il Berardi. Si trattava, in realtà, di una somma modesta anche per quei tempi. Si calcola, infatti, che quella che si sarebbe rivelata come una delle più importanti spedizioni della storia umana, fu finanziata con una spesa complessiva variabile fra gli attuali 20.000 e 60.000 €.[38] Dopo la firma Colombo lasciò la città il 12 maggio, quando era già deciso il luogo di partenza, Palos.[39]
Furono così allestiti tre velieri (di norma definiti caravelle[40]), di cui due - la Santa Maria e la Pinta - dotati di alberi a vele quadre e uno - la Niña - dotato di vela latina (quindi tecnicamente non navi dal punto di vista velico perché non dotati di tre alberi a vele quadre). La Santa María[41] (in realtà si trattava di una caracca) stazzava 150 tonnellate ed era capitanata dallo stesso Colombo in qualità di nave ammiraglia. La Pinta stazzava 140 tonnellate e la piccola Niña ne stazzava solamente 100;[42] erano comandate rispettivamente da due armatori di Palos, Martín Alonso Pinzón e suo fratello minore Vicente Yáñez Pinzón.[43] Inizialmente solo due navi erano pronte, recuperate senza grosse spese a carico della Corona spagnola,[44] mentre si decise che chi avesse partecipato all'impresa avesse sospesa ogni pendenza legale (sia civile che penale) in carico.[45]
Nel reclutare i 90 marinai,[46] Colombo fu validamente aiutato da Martin Pinzón che godeva di ottima fama nella città.[47] A Martin Pinzon spettava il ruolo di comandante in seconda di Colombo e l'esecuzione pratica del viaggio, mentre a Colombo spettava la guida come condottiero dell'idea.[48] Il pilota della flotta era il cantabrico Juan de la Cosa, proprietario della Santa Maria.

Viaggi per le Americhe [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Viaggi di Cristoforo Colombo.

Primo viaggio [modifica]

I quattro viaggi di Colombo
La partenza avvenne alle sei del mattino del 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera,[49] con rotta verso le Isole Canarie. Il 6 agosto[50] si ruppe il timone della Pinta e si credette ad un'opera di sabotaggio,[51] quindi furono costretti ad uno scalo di circa un mese a La Gomera per le necessarie riparazioni.[31] La Pinta giunse con due settimane di ritardo a causa dell'avaria, tanto che Colombo pensò di sostituirla con un'altra caravella. Si approfittò della sosta per modificare anche la velatura della Nina, trasformandola da latina a quadrata per meglio adeguarla alla navigazione oceanica. Va anche detto che alla Gomera era presente la giovane vedova del governatore, Beatrice di Bodabilla, che a quanto pare aveva già avuto uno scambio di cortesie col navigatore.[52]
Le tre navi ripresero il largo il 6 settembre spinte dagli alisei, dei quali Colombo conosceva l'esistenza. Questi venti spirano sempre da est verso ovest formando stabilmente una striscia di nuvole galleggiante nell'aria, tanto che l'Ammiraglio nel giornale di bordo scrisse: "Si naviga come tra le sponde di un fiume". Un'altra, tra le suggestioni del primo viaggio transoceanico, fu la posizione delle navi costantemente rivolte verso il tramonto, oltre che la sensazione di procedere per ampi spazi mai prima toccati.[53]. Le caravelle navigarono per un mese senza che i marinai riuscissero a scorgere alcuna terra.
Il 16 settembre le caravelle cominciarono a entrare nel Mar dei Sargassi e Colombo approfittò dello spettacolo delle alghe galleggianti (un fenomeno tipico di questo mare) per sostenere che tali vegetali erano sicuramente indizi di terra vicina (cosa in realtà non vera), tranquillizzando temporaneamente i suoi uomini.[31] A partire dal giorno 17 si osservò con stupore il fenomeno assolutamente sconosciuto della declinazione magnetica: la bussola indicava il polo magnetico distaccandosi sempre più dal nord geografico, col rischio di allontanare le navi dalla loro rotta.[54]
Questi strani fenomeni ebbero l'effetto di spaventare i marinai e la tensione crebbe inevitabilmente. Il 6 ottobre Colombo registrò di aver percorse 3652 miglia, già cento in più di quante ne aveva previste.[55] Lo stesso giorno vi fu una riunione generale dei comandanti a bordo della Santa Maria, durante la quale Martin Pinzon suggerì di cambiare rotta da Ovest a Sud-Ovest.[56] Il 7 ottobre Colombo decise di virare quindi verso Sud-Ovest, avendo visto alcuni uccelli dirigersi verso quella direzione. Il 10 vi fu un principio di ammutinamento.[57] Colombo, più che mai fermo nella propria idea e forte degli studi che aveva compiuto nel corso del viaggio, riuscì forse ad ottenere un accordo[58]: se entro tre o quattro giorni le vedette non avessero scorto alcuna terra le caravelle sarebbero tornate indietro[31] o si sarebbe deciso diversamente.[59] Giovedì 11 ottobre si ebbero alcuni segnali positivi: furono avvistati diversi oggetti fra cui un giunco, un bastone e un fiore fresco[60] che un marinaio pescò in mare:[31] soltanto la vicinanza della terra emersa poteva giustificare questi ritrovamenti. Durante la notte Colombo si disse convinto di avere intravisto in lontananza una luce, "como una candelilla que se levava y se adelantaba" ("come una piccola candela che si levava e si agitava"). Fu solo alle due di notte del venerdì, 12 ottobre 1492, che Rodrigo de Triana a bordo della Pinta distinse finalmente la costa;[61] (tuttavia, il premio in denaro promesso al primo che avesse avvistato la terra fu aggiudicato a Colombo).[62] Il giorno dopo le caravelle riuscirono a trovare un varco nella barriera corallina e gli equipaggi sbarcarono su un'isola chiamata Guanahani, che Colombo battezzò San Salvador.
Colombo sbarcato nel Nuovo Mondo
Gli spagnoli furono accolti con grande cortesia e condiscendenza dai Taino[63], la tribù abitante dell'isola. Colombo stesso, nella sua relazione, sottolinea più volte la gentilezza e lo spirito pacifico dei suoi ospiti:

« Gli abitanti di essa [...] mancano di armi, che sono a loro quasi ignote, né a queste son adatti, non per la deformità del corpo, essendo anzi molto ben formati, ma perché timidi e paurosi [...] Del resto, quando si vedono sicuri, deposto ogni timore, sono molto semplici e di buona fede, e liberalissimi di tutto quel che posseggono: a chi ne lo richieggia nessuno nega ciò che ha, ché anzi essi stessi ci invitano a chiedere »

(Cristoforo Colombo, prima relazione sul viaggio nel Nuovo Mondo, 14 marzo 1493[64])
La sera del 27 ottobre[65] le caravelle arrivano alla fonda della baia di Bariay,[66] a Cuba, nell'attuale provincia di Holguín. Nel diario di bordo di domenica 28 ottobre troviamo scritto: "Es la isla mas hermosa que ojos humanos hayan visto" ("È l'isola più bella che occhio umano abbia mai visto"). Tuttavia, data la mancanza di oro e la condizione primitiva degli indigeni, l'Ammiraglio pensò di essere arrivato soltanto in un remoto avamposto della grande civiltà asiatica descritta da Marco Polo.[67]
Pinzon aveva udito dagli indigeni delle immense ricchezze dell'isola di Babeque[68] e che dopo alcuni tentativi fatti insieme a Colombo avesse deciso di proseguire le ricerche senza autorizzazione.[69] Sta di fatto che per circa due mesi la flotta si ridusse a due sole caravelle, con le quali venne esplorata la costa settentrionale di Haiti battezzandola Hispaniola. Giunsero quindi nella baia che Colombo chiamò Bahia de los Mosquitos (altro nome che sopravvisse nei secoli) e si parlò di un'isola a forma di tartaruga che il navigatore chiamò Tortuga.[70] Sempre convinto di trovarsi in Asia, Colombo confuse la parola indigena Cibao col ricchissimo Cipango, ovvero il Giappone,[71] alla ricerca del quale si mise subito in viaggio superando Capo d'Haiti.
Verso la mezzanotte del 25 dicembre, a poca distanza dalla costa, la Santa Maria andò in secco di prua arenandosi sopra un banco corallino. L'Ammiraglio, svegliatosi, ordinò di tonneggiare gettando l'ancora verso poppa per poi trainarla da un argano allo scopo di far retrocedere la nave. Venne quindi gettata in mare una lancia su cui salì anche Juan de la Cosa, che però, inaspettatamente, decise di dirigersi verso la Niña.[72] La Santa Maria rimase in condizioni precarie e venne abbandonata; a nulla servirono gli ultimi sforzi dei marinai.[73]
L'Ammiraglio, rimasto con una sola caravella, dovette abbandonare parte della ciurma (39 persone in tutto)[74] con la promessa che sarebbe tornato a riprenderli durante il secondo viaggio transoceanico. Fece quindi costruire un forte - La Navidad[75] - a poca distanza dal luogo dell'incidente.
Successivamente gli indigeni dissero di aver avvistato "un'altra casa sull'acqua" (la Pinta) ma a nulla servì il messaggio che Colombo cercò di inviargli.[76] Il 4 gennaio si tentò ancora di entrare in contatto mentre il 5 la flotta si riunì nelle vicinanze di Monte Christi. Seguirono l'incontro e le giustificazioni di Martin Pinzon.[77] Il capitano della Pinta affermò di essersi recato senza successo a Babeque e di aver fatto scambi proficui con Caonabò.[78] Colombo non gli credette ma lo perdonò in quanto gli era impossibile intraprendere il viaggio di ritorno con una sola imbarcazione.[79]
Prima del rientro decisero di trarre in secco le due navi a Capo Samanà per un lavoro di restauro. Il 13 gennaio furono attaccati da una tribù ostile agli spagnoli, che Colombo credette fossero i temibili Canibi.[80] Negli scontri si ebbero soltanto alcuni feriti ma Colombo decise comunque di partire prima possibile all'alba del 16 gennaio 1493.[81]
Consapevole che per il viaggio di ritorno la flotta avrebbe dovuto muovere a settentrione per uscire dal regime degli alisei, Colombo risalì fino al 35° parallelo, quasi in linea col parallelo di Capo S.Vincenzo in Portogallo. Quindi, il 23 gennaio, puntò la prua a levante.[82] Il navigatore non poteva però sapere che in inverno, a tali latitudini, l'oceano Atlantico è sconvolto da violentissime tempeste come quella in cui s'imbatté il 13 febbraio.[83] L'uragano durò circa due giorni, ridusse allo stremo la resistenza delle piccole caravelle e le separò senza alcuna possibilità di manovra. Colombo, temendo il peggio, gettò in acqua un barile che conteneva i documenti e i resoconti dell'impresa (il barile non venne mai ritrovato).[84] Placatasi finalmente la burrasca, Colombo approdò fortunosamente alle isole Azzorre, sull'isola di Santa Maria. Da qui, la malconcia Nina ripartì il 24 febbraio arrivando otto giorni dopo a Restelo, nei pressi di Lisbona. Rui de Pina, umanista portoghese alla corte di Giovanni II, scrisse del suo arrivo in Portogallo:

« Il 6 marzo 1493 è arrivato dalle Antille di Castiglia Cristoforo Colombo, italiano... »
Nonostante l'inimicizia dei portoghesi, Colombo venne cortesemente ricevuto da re Giovanni II[85] a Vale do Paraíso, vicino Azambuja, mettendo a sua disposizione il porto di Lisbona per il restauro della caravella. Martin Alonso Pinzon, intanto, era riuscito a giungere a Baiona nel golfo di Biscaglia ai primi di marzo (rientrando quindi in Spagna prima di Colombo)[86]; fece poi vela per Palos arrivandovi poche ore dopo la Nina, già sofferente di una misteriosa malattia che in breve tempo lo condusse alla morte (probabilmente la sifilide).[87]
Colombo aveva portato con sé un po' di oro, tabacco e alcuni pappagalli da offrire ai sovrani quali segni tangibili delle potenzialità delle "isole dell'India oltre il Gange". Condusse anche dieci indiani Taino. Furono giorni di festa nella città di Siviglia, Cordova e Barcellona, dove l'Ammiraglio vi giunse il 20 aprile accolto dai sovrani con onori trionfali. Il ricevimento continuò nella cappella di Sant'Anna per celebrare il Te Deum[88] consumando poi un pranzo con il rito della salva, solitamente riservata alla stirpe di sangue reale.[89] I sovrani lo sollecitarono infine ad intraprendere una seconda spedizione.

Secondo viaggio [modifica]

Secondo viaggio
L'ammiraglio Colombo salpò per il suo secondo viaggio da Cadice il 25 settembre con 17 navi, fra cui la Niña ora denominata Santa Clara,[90] e un equipaggio di circa 1200 uomini, tra i quali vi erano il figlio Diego, il fratello Giacomo, il padre di Las Casas, mentre i documenti relativi al viaggio provengono dalle cronache di Diego Alvarez Chanca[91] e di Michele da Cuneo, infatti il diario di bordo andò perduto.[92] Colombò salì al comando della nuova nave ammiraglia: Santa Maria, denominata in seguito Mariagalante[93]
Il 3 novembre la flotta raggiunse Dominica e veleggiò tra le piccole e le grandi Antille. Il 19 arrivarono a Porto Rico ed il 22 dello stesso mese Colombo tornò ad Hispaniola, dove scoprì che gli uomini dell'equipaggio che aveva lasciato erano stati uccisi.[94]
Fondò un nuovo avamposto, "La Isabela", sorta sulle rive del rio Bahonito nei primi giorni dell'anno 1494. Le condizioni del luogo e il cibo indigesto[95] fecero ammalare centinaia di uomini entro la fine del mese. L'ammiraglio preoccupato fece partire Antonio de Torres con dodici navi verso la Spagna,[96] cariche di pochissimo oro,[97]
Colombo trascorse alcuni mesi nell'esplorazione dell'entroterra alla ricerca di oro, creò un nuovo forte, San Tomàs.[98] Il 24 aprile 1494 lasciò l'isola e il 30 aprile giunse a Cuba. Colombo cadde malato quando tornò a Isabela il 29 settembre, intanto era giunto con tre caravelle suo fratello Bartolomeo, giusto in tempo per essere nominato dal fratello, incapace al momento, adelantado della colonia, ovvero delegò ogni potere a lui.[99] Gli spagnoli non furono contenti di tale gesto: lo stesso Margarit con padre Buyl al seguito deciseo di ammunitarsi e prendere le tre caravelle di Bartolomeo per tornarsene in Europa,[100] molti li seguirono. Iniziarono delle battaglie contro gli indigeni, che vide al termine la vittoria spagnola.
Giunse Juan Aguardo inviato dai reali spagnoli nell'ottobre del 1495,[101] maggiordomo di corte, il suo compito era quello di osservare, informarsi registrando le testimonianze dei coloni e riferire. Colombo decise quindi di ritornare in Europa ma prima della partenza un violento uragano si abbatté su Isabela distruggendo tutte le caravelle tranne la Niña,[102] insufficiente per tornare con tutti gli uomini rimasti fece cstruire un'altra caravella, pronta nel marzo del 1496 a quella imbarcazione le venne dato il nme di India. Duecento uomini salirono su quelle navi a cui si aggiunsero trenta schiavi fra cui Caonabò catturato in precedenza,[103] che morì durante il viaggio. Partirono il 10 marzo del 1496 e giunsero l'11 giugno del 1496 a Cadice.

Terzo viaggio [modifica]

Terzo viaggio
Dopo due anni trascorsi in Castiglia, incontrò a Burgos i re spagnoli,[104] Convinti i reali della necessità di una nuova spedizione e a reperire la somma necessaria per il viaggio, Colombo riuscì ad armare sei navi, con un equipaggio di circa 300 marinai.
La flotta, partita il 30 maggio 1498, si diresse verso Gomera dove le sei navi si divisero, tre proseguirono con Colombo, altre tre verso le rotte ormai consolidate,[105] verso Dominica. L'ammiraglio proseguì con la flotta ridotta verso le isole di Capo Verde da dove raggiunse Trinidad, il 31 luglio. Nell'agosto dello stesso anno Colombo esplorò il Golfo di Paria ed il delta dell'Orinoco, non accorgendosi che si trattava di un continente, le coste orientali dell'attuale Venezuela e non di piccole isole. Decise di non sbarcare ma inviò dei marinai che incontrarono terre ricche di perle.
Giunse ad Hispaniola l'11 agosto del 1498, cercò la nuova città fondata dal fratello, Santo Domingo, vi giunse alla fine del mese, e lo raggiunse l'altro fratello, Diego. Vi fu una rivolta capeggiata da Francisco Roldán (l'alcade di Isabela) nel 1499,[106] I sovrani cattolici, avvertiti dai reduci dei disordini sull'isola, e leggendo delle strane pretese avanzate da Colombo nella sua missiva, inviarono nel 1500 Francisco de Bobadilla, in risposta in parte alle sue richieste,[107] per far luce sull'accaduto.
Questi, appena giunto vide il cadavere di due spagnoli, intanto Adrian de Muxica, uno dei secondi di Roldàn venne ucciso[108]
Resosi conto della situazione, arrestò prima Diego, l'unico rimasto in città, poi Colombo[109] e Bartolomeo. Decise quindi di ricondurli in patria, Partirono nel mese di ottobre a bordo della Gorda, una caravella, giunsero nello stesso mese a Cadice. All'arrivo, Colombò ancora incatenato come sua richiesta, consegnò ad un suo uomo di fiducia una missiva da recapitare a Donna Juana,[110] sorella di Antonio de Torres, confidente della regina, un mezzo per comunicare con lei. Isabella fece liberare Colombo, che però dovette rinunciare al titolo di viceré.

Quarto viaggio [modifica]

Quarto viaggio
Dopo l'incontro con i reali avvenuto nel dicembre del 1500 a Granada il 3 settembre del 1501 i reali esternarono il loro pensiero: fu tolta la carica di viceré a Colombo, e governatore e giudice supremo delle isole e della terraferma delle Indie fu proclamato Nicolas Ovando.[111] L'ammiraglio organizzò un altro viaggio e su insistenti richieste il 14 marzo 1502 i reali accettarono la proposta, ma in cambio non avrebbe portato altri schiavi e non avrebbe dovuto fare scalo a Hispaniola, almeno all'andata,[112] intanto Ovando partì con 32 navi e 2.500 uomini diretti verso Hispaniola.
Colombo partì accompagnato dal fratello Bartolomeo e dal figlio tredicenne Fernando. Le quattro navi concesse fra cui Santiago,[113] Gallega, pilotata da Pedro de Terreros e Vizcaina comandata da Bartolomeo Fieschi, salparono da Cadice il 9 maggio 1502. Il pilota era Juan Sanchez, posto sotto gli ordini di Diego Tristan; Colombo era invecchiato tanto da non poter prenderne il comando. Dopo lo scalo a Gran Canaria,[114] si riprese la traversata compiuta in 20 giorni giunse quindi a Martinica. Dopo una sosta di qualche giorno si rivolese verso Hispaniola, città che gli era stato vietato raggiungere. Colombo aveva previsto il sopraggiungere di un uragano, chiese rifugio per le imbarcazioni ad Ovando che rifiutò. L'ammiraglio trovò un altro luogo dove ripararsi ma venti navi partite per il ritorno in Spagna su cui vi erano imbarcati de Torres, Francisco de Bobadilla e Francisco Roldán, vennero distrutte e non ci furono sopravvissuti al disastro,[115] mentre le navi di Colombo si salvarono[116] Ripartì verso l'America centrale continentale con l'intenzione di trovare un passaggio per le Indie.
Tra il luglio e l'ottobre di quell'anno Colombo costeggiò l'Honduras, il Nicaragua e la Costa Rica. Fra pioggie continue di giorno, in 28 giorni viaggiarono per 170 miglia.[117] Il 5 ottobre giunse in quello che gli indigeni chiamavano Ciguara, luogo che in futuro sarà il canale di Panamá, raggiungendo la città di Panamá, il 16 ottobre.
Saputo di Veragua, una regione ricca d'oro, pensò allo sfruttamento della zona, talmente impervia da abbandonare il progetto. Gli indigeni locali ostili, armati con mazze in durissimo legno di palma con le quali in uno scontro uccisero Diego Tristan e alcuni marinai che erano andati con lui in perlustrazione e ne ferirono molti, fra cui lo stesso Bartolomeo. Colombo malato da tempo decise di abbandonare tutto, Gallega compresa, grazie all'aiuto di Diego Mendez, promosso poi al posto del defunto Tristan,[118] le perdite furono limitate.
Il 16 aprile 1503 Colombo lasciò quei luoghi, ripartendo per Hispaniola, scoprì le Isole Cayman e le battezzò Las Tortugas per le numerose tartarughe marine che vi erano presenti, ma durante la navigazione gli scafi risultavano infestati da dei parassiti, le teredini, comuni nelle acque caraibiche che indebolirono la struttura delle tre navi rimaste. La prima a cedere fu la Vizcaina che venne abbandonata in un'insenatura.[119] il 25 giugno giunsero nella baia di Santa Gloria. Gli equipaggi furono costretti a sbarcare sulla costa settentrionale della Giamaica. Le navi infatti avevano imbarcato troppa acqua e la spedizione era giunta in Giamaica svuotandole con le pompe ed i secchi di bordo. Poco dopo l'arrivo trascinarono le navi in riva e le puntellarono per creare un riparo e una difesa contro gli indigeni. Si trovavano vicini ad un villaggio, Maima.[120]
Colombo e l'eclissi lunare
Colombo vietò a chiunque di scendere dalle navi e inviò Diego Mendez con tre uomini al seguito ottenendo permessi per la caccia e la pesca, si pensò al ritorno l'ammiraglio ebbe l'idea di creare una canoa permettendo un uomo di giungere a Hispaniola, l'incarico fu affidato a Mendez[121]
Alla fine le canoe furono due e l'esempio di Mendez fu seguito da Bartolomeo Fieschi,[122] con loro salirono diversi indigeni, di cui uno morì per la sete venendo poi gettato a mare. Dopo tre giorni di navigazione giunsero a Navassa, a settembre furono a Santo Domingo. Durante le lunghe trattative Francisco Porras e Diego Porras,[123] seguiti da 48 uomini si ribellarono a Colombo, vollero tentare l'attraversata in canoa come i due tempo addietro ma non ebbero fortuna e tornarono arrendendosi.
Gli indigeni stavano per ribellarsi ma Colombo riuscì poco dopo a prevedere un'eclissi lunare del 29 febbraio e mandò quindi a chiamare gli indigeni sostenendo che il suo dio era in collera con loro e avrebbe oscurato il cielo. La sera la luna divenne rossa e il giorno dopo gli indigeni spaventati ripresero a fornire cibo ai superstiti.[124]
Nel mese di giugno 1504 giunse Diego de Salcedo con una nave da lui pagata con al seguito una piccola imbarcazione,[125] i soccorritori erano giunti. Il 28 giugno ripartirono[126] per Hispaniola, il 12 settembre alla volta della Spagna, pagando di tasca propria il viaggio di rientro. Arrivò in Spagna il 7 novembre.

La morte a Valladolid [modifica]

La tomba di Colombo nella cattedrale di Siviglia
Alla fine del 1504 decise di non lasciare più la Spagna, anche se in un ambiente a lui ostile, risiedeva a Siviglia mentre i reali a Segovia. Inviava lettere al figlio, Diego, divenuto cortigiano di corte chiedendo incontri con i reali che non ebbero mai luogo. La regina Isabella, sua protettrice, malata da tempo, nel frattempo era morta, mentre il Re e la corte non compresero l'importanza delle sue scoperte, né accettarono il suo "Memorial des Agravios", un lungo memoriale sui torti ricevuti.
Il figlio riuscì a far ottenere al padre un incontro con re Ferdinando,[127] e per le sue rivendicazioni fu decisa la creazione di un ruolo apposito, di un arbitro, ricadendo su padre Deza tale compito che svolse con dedizione,[128] ma i risultati non furono dei migliori per Colombo. Gli offrirono Carrion de los Condes in cambio di tutte le sue rivendicazioni ma egli rifiutò, in seguito giunse a Valladolid.
Morì a Valladolid il 20 maggio 1506 a causa di un attacco di cuore dovuto alla sindrome di Reiter, come stabilito da una pubblicazione del febbraio 2007 di Antonio Rodriguez Cuartero dell'università di Granada. I sintomi di tale malattia sono stati ritrovati nei diari di Colombo e negli scritti dei suoi contemporanei: dolore durante la minzione, rigonfiamento ed indebolimento delle ginocchia e congiuntivite, diventati evidenti negli ultimi tre anni di vita.[129] Venne sepolto inizialmente in una chiesa della città, ma i suoi resti furono poi inumati nella cripta di un monastero a La Cartuja (Siviglia, dove venne poi sepolto anche suo figlio Diego) e successivamente, nel 1509, posti nella cattedrale della stessa Siviglia. Nel 1537 le spoglie di Cristoforo e Diego vennero trasportate ad Hispaniola nella cattedrale di Santo Domingo dove rimasero fino al 1795, quando l'isola dovette essere ceduta ai francesi. Gli spagnoli spostarono quindi i resti a L'Avana, e poi, nel 1898 in seguito alla vittoria degli USA nella guerra ispano-americana, di nuovo a Siviglia in un elaborato catafalco.[130][131]

La disputa sulla "vera" tomba [modifica]

Nel 1877 durante i lavori di restauro della cattedrale di Santo Domingo, venne scoperta una cassa di piombo contenente 13 frammenti d'osso grandi e 28 piccoli; su di essa c'era una scritta che attribuiva questi resti a "Cristobal Colón". Attualmente queste spoglie riposano al faro di Colombo, voluto dal governo dominicano (convinto che nel 1795 si siano riportate per sbaglio in Spagna le ossa del figlio Diego) a perenne memoria dello scopritore del continente americano.[130][132]
Nel giugno 2002 i professori spagnoli Marcial Castro e Sergio Algarrada hanno cercato di risolvere il problema del luogo di sepoltura di Colombo, reclamato per l'appunto dalla cattedrale di Santo Domingo e da quella di Siviglia. L'intento dei due studiosi era di estrarre, con l'aiuto dell'università di Granada, del DNA dai resti umani di entrambe le cattedrali e quindi compararlo con il DNA del figliastro Fernando, la cui identità è certa.[132] Se le autorità andaluse (comunità autonoma dove si trova Siviglia) hanno formalmente chiesto autorizzazione alla cattedrale di Siviglia per riesumare i resti del presunto Colombo, altrettanto non hanno fatto le autorità della Repubblica Dominicana.[130] L'università di Granada, nel giugno 2003, ha comunque proceduto al prelievo del DNA dalle ossa di Siviglia[133] e ad un'osservazione delle stesse. Proprio in questa fase parve che le ossa non coincidevano con quelle di una persona dalle caratteristiche fisiche, o con l'età al momento della morte, di Cristoforo,[134] ma il DNA isolato (in realtà un piccolo frammento di mtDNA) ha evidenziato una corrispondenza con quello del fratello Giacomo, prova che entrambi ebbero la stessa madre.[135][136] Questa prova, unita ad analisi antropologiche e storiche, ha rafforzato nei ricercatori l'idea che la vera tomba di Cristoforo Colombo sia quella posizionata nella cattedrale di Siviglia.[137]
Cristoforo Colombo sulla tolda della nave indica la via per il Nuovo mondo. Particolare di un manifesto illustrativo per l'esposizione italo-americana del 1892, tenuta in occasione del quattrocentenario della scoperta dell'America
Visto che i frammenti umani di Santo Domingo non sono stati potuti essere esaminati, non è noto se anch'essi appartengano a Cristoforo Colombo.[136][137]

Errore di calcolo [modifica]

L'impresa navale di Colombo, motivata dal desiderio di raggiungere le Indie e commerciarvi direttamente e più velocemente, fu resa possibile dalla determinazione del viaggiatore genovese ma anche - come avviene nel caso di molte scoperte - da un suo errore.
Egli sosteneva infatti che la Terra avesse un diametro più piccolo di quello effettivo[138] e che il continente euroasiatico fosse più esteso di quanto non sia in realtà: la composizione di questi due errori, originati rispettivamente da Toscanelli e Marco Polo, aveva come effetto la convinzione, nei fatti infondata, di poter compiere la traversata dall'Europa all'Asia. A quell'epoca, in effetti, nessuna nave sarebbe stata in grado di compiere gli oltre 20.000 km che separano la Spagna dal Giappone, se non altro perché non esisteva nave capace di stoccare a bordo un quantitativo di provviste sufficienti al compimento del viaggio, che avrebbe richiesto - in condizioni ottimali - più di quattro mesi. I calcoli di Colombo erano sbagliati, mentre quelli dei suoi avversari erano sostanzialmente corretti: Colombo stimava in appena 4400 km la distanza dalle isole Canarie alla costa asiatica, un valore cinque volte più piccolo di quello reale. La grande fortuna di Colombo fu che il suo viaggio venne molto ridotto, perché sulla strada per le Indie trovò le Americhe, altrimenti la sua spedizione sarebbe sicuramente perita in mezzo all'oceano, o sarebbe tornata indietro.
La forte opposizione che Colombo trovò, derivava dal fatto che la traversata oceanica era considerata troppo lunga per essere fattibile e non già dalla credenza che Colombo fosse il solo a sostenere che la Terra fosse sferica. Infatti, la consapevolezza della sfericità della Terra era opinione comune già della gente colta del basso Medioevo (per tutti, si possono citare Tommaso d'Aquino e Dante Alighieri). Già dall'antichità, le osservazioni prodotte in ambiente astronomico-matematico ellenistico (dove la circonferenza della Terra era stata accuratamente misurata da Eratostene) erano state riprese e perfezionate dagli scienziati musulmani, che avevano tradotto e studiato quei testi, e dagli studiosi occidentali. Oltretutto, all'epoca in cui Colombo effettuò i suoi calcoli per il compimento del primo viaggio, il procedimento di Eratostene (che fornisce una stima della misura della circonferenza terrestre con un margine di errore minore del 5%) era disponibile e sarebbe potuto essere ripetuto.
Colombo stesso non si rese conto di essere su un continente diverso da quello che si aspettava: in seguito, come annotò sui suoi diari, battezzò le terre scoperte nuevo mundo e nel terzo viaggio dubitò di essere giunto in un nuovo continente.[139]
La leggenda che la Terra fosse considerata piatta deriva da un romanzo del 1828, La vita e i viaggi di Cristoforo Colombo di Washington Irving, che, in odio alla Chiesa cattolica, descriveva la falsa immagine di un Colombo unico sostenitore della teoria di una Terra rotonda contro la pretesa ignoranza medioevale imposta dal cattolicesimo. In realtà, come si è scritto in precedenza, l'appoggio ecclesiastico a Colombo fu determinante nel vincere proprio le resistenze dei suoi avversari all'organizzazione e al finanziamento del primo viaggio.

Retrodatazione della scoperta dell'America [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce colonizzazione europea delle Americhe#Retrodatazione della scoperta dell'America.
Prima di Colombo già alcuni popoli avevano compiuto dei tentativi verso il nuovo continente, come ad esempio i vichinghi (che certamente giunsero a Terranova), gli scandinavi ed infine i portoghesi, che avevano colonizzato le Azzorre, situate al largo nell'Atlantico; alcuni colonizzatori islandesi erano giunti inoltre in Groenlandia all'inizio del II secolo.[31]
Secondo alcuni storici[140] la scoperta dell'America da parte di Colombo sarebbe da anticipare di qualche anno. Secondo queste tesi, il navigatore avrebbe compiuto già nel 1485 un viaggio che lo avrebbe portato nel Nuovo Mondo. Questo lo si potrebbe dedurre da vari indizi: la rotta seguita da Colombo nel primo viaggio nel 1492 segue esattamente le correnti, inoltre, sulla tomba di papa Innocenzo VIII è riportata la frase "Durante il suo regno la scoperta di un Nuovo Mondo". Il papa però morì il 25 luglio 1492, alcuni giorni prima della partenza ufficiale. L'autore di detta iscrizione può avere sia fatto semplice riferimento all'ultimo anno solare in cui visse Innocenzo VIII, appunto il 1492, quanto all'oggi noto ruolo di "protettore" che detto Papa ebbe nei confronti di Colombo[141]).
È da notare anche che il navigatore turco Piri Reìs, nella sua famosa mappa, realizzata nei primi decenni del XVI secolo, annotò che la zona delle Antille era stata scoperta nell'anno del calendario islamico 896 (corrispondente al 1490/1491 dell'era cristiana) da parte di un genovese infedele di nome Colombo.[142]

La causa per l'eredità e la discendenza [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce causa per il maggiorasco di Cristoforo Colombo.
Nel 1497 i sovrani di Spagna concessero a Colombo la facoltà di istituire un maggiorasco, cosa che il navigatore fece nell'anno successivo tramite testamento (un altro testamento venne fatto nel 1502 ed altri codicilli nel 1506). Colombo precisò che il maggiorasco dovesse essere ereditato solamente da un discendente maschio, oppure, in assenza di questo, dai parenti.[143] Deceduto Colombo, il maggiorasco passò al figlio Diego e quindi, alla morte di questo, al figlio Luigi, il quale ebbe delle controversie con l'imperatore Carlo V circa il modo con cui conferire le cariche e recepire le entrate fiscali. Venne infine raggiunto un accordo secondo cui a Luigi spettava il titolo di marchese della Giamaica, invece che di governatore, il Ducato di Veragua, e una rendita fissa a vita in luogo della decima convenuta nelle capitolazioni da suo nonno Cristoforo. Luigi morì senza discendenti maschi, per cui l'eredità andò al nipote Diego, ultimo discendente maschio in linea retta da Cristoforo Colombo morto nel 1578 senza figli.[144]
Scorcio di Cuccaro Monferrato (AL)
Sorse allora una controversia fra i presunti eredi, complicata anche dal fatto che non si riuscì a trovare il testamento del 1502 ma solo quello del 1498 e dei codicilli del 1506. Il 4 ottobre del 1583 il re Filippo II di Spagna scrisse una lettera al Duca di Mantova Guglielmo Gonzaga per informarlo che alla sua corte era in corso una disputa tra Cristoforo di Cardona (ammiraglio delle Indie), Francesca Colombo, Alvaro di Portogallo (conte di Gelves), Giovanna di Toledo, la badessa e le monache del convento di Valladolid, Maria Colombo (monaca dello stesso convento di Valladolid), Cristoforo Colombo (fratello di Luigi, con lo stesso nome dello scopritore del Nuovo Mondo) e Baldassare Colombo. Proprio le pretese di Baldassarre spinsero Filippo II a chiedere a Guglielmo Gonzaga di interrogare sotto giuramento dei testimoni nel Monferrato ed, entro sei mesi, inviare una relazione scritta al supremo tribunale di Spagna.[145] I punti da chiarire erano l'appartenenza all'antica famiglia dei Colombo di Cuccaro Monferrato; il legame di parentela tra gli avi di Cristoforo Colombo e quelli di Baldassarre; la presenza del nome di Domenico Colombo, padre di Cristoforo, tra le scritture pubbliche di Cuccaro; e il fatto che Cristoforo Colombo fosse discendente dei Colombo del castello di Cuccaro. Erano poi da raccogliere il più alto numero possibile di testimonianze sulle sorti e l'ubicazione del ramo di Cuccaro dei Colombo e sul perché tutti parlavano di Cristoforo come di un genovese anziché di un cuccarese.[146]
Il Duca di Mantova delegò quindi il senatore Ferrari e due notai di procedere con le indagini, vidimate poi dal Senato di Mantova e dal vescovo di Casale Monferrato e inviate in Spagna.[147] La causa, celebratasi dinanzi al Consiglio delle Indie, si protrasse finché, il 22 dicembre 1608,[148] il maggiorasco venne assegnato a Pedro Nuño Colón de Portugal, maschio ma discendente in linea femminile (figlio di Alvaro di Portogallo, a sua volta figlio di Isabella Colombo, figlia di Diego Colombo nonché nipote di Cristoforo).[149] Baldassarre Colombo, che pure era stato riconosciuto come parente dell'ammiraglio,[150] rimase escluso perché non ritenuto, come Pedro Nuño, il parente più prossimo dello scopritore del Nuovo Mondo. Tuttavia, a Baldassarre venne dato il titolo di conte e venne assegnata una somma di 2000 ducati[148] come parte della rendita dello Stato di Veragua.
Lo studio effettuato nei primi anni del 1800 da Gian Francesco Galleani Napione di altri documenti custoditi dal discendente Guglielmo Fedele Colombo,[151] ha provato l'estinzione delle due linee della famiglia Colombo: una del Baldassarre, l'altra di Ascanio Colombo, vivente ancora nel 1652. Guglielmo Fedele era invece discendente dall'unico ramo noto della famiglia Colombo ancora vivo, quello cioè di Cuccaro, estintosi poi anche questo nel 1877 con Luigi Colombo, prelato di Gregorio XVI e Pio IX.[152][153] Luca Antonio Colombo, padre di Guglielmo Fedele, venne investito di porzioni del feudo di Cuccaro l'8 giugno 1737, passate poi con cerimonia solenne al fratello Francesco Veremondo il 27 giugno 1769.[154]

Aspetti controversi [modifica]

 

I primi viaggi da commerciante [modifica]

Genova, Castello d'Albertis, Museo delle Culture del Mondo, Loggia, statua del "Colombo giovinetto", di Giulio Monteverde
Primogenito dei quattro figli (tre fratelli e una sorella)[2] di Domenico ("Dominicus Columbus quomdam Johannis") e Susanna Fontanarossa ("Sozana de Fontana Rubea"), gestori di una piccola azienda tessile, e successivamente, da quando si spostarono da Genova a Savona di un'osteria.[3] L'infanzia la trascorse seguendo i genitori nella nuova abitazione sita in vico Diritto di Ponticello,[4] mentre le informazioni sul suo conto diventano note a partire dal 1470, quando si trasferirono a Savona. Egli con ogni probabilità, nacque all'interno del territorio genovese.[5]
In una lettera Colombo stesso afferma di aver iniziato a navigare a quattordici anni.[6] Nei suoi viaggi, nelle firme che poneva sulle lettere latinizzò il proprio nome com'era usanza del tempo, in seguito nelle stesse utilizzò il nome in castigliano, Cristóbal Colón.[7]
Stemma di Colombo istituito dai sovrani di Spagna il 20 maggio 1493[8]
Stemma di Colombo istituito dai sovrani di Spagna il 20 maggio 1493[8]
Stemma di Colombo istituito dai sovrani di Spagna il 20 maggio 1493[8]

Stemma della famiglia Colombo usato motu proprio a partire dal 1502[9]
Dopo aver prestato servizio sotto Renato d'Angiò, nel 1473 Cristoforo iniziò l'apprendistato come agente commerciale per i traffici di merci gestiti dalle famiglie Centurione, Di Negro e Spinola. Di questi anni sono alcuni racconti che riguardavano la vita di Cristoforo.[10] Nel 1473 partì alla volta di Chio in Grecia, navigando su di un'imbarcazione di nome Roxana, dove rimase circa un anno.[11] In seguito giunse nel Portogallo. Nel 1476 Colombo fu a Bristol, dopo aver fatto presumibilmente parte della flotta genovese, diretta in Inghilterra, che fu attaccata da navi francesi al largo del Capo Vincenzo, a stento secondo il racconto Cristoforo trovò scampo.[12] Poi si recò a Galway in Irlanda e nel 1477 raggiunse verosimilmente l'Islanda.[13]
Verso il 1479 Colombo si trasferì a Lisbona, continuando a commerciare per la sola famiglia Centurione, con un rapido ritorno in Liguria. L'anno successivo al ritorno del suo viaggio verso il nord sposò Filipa Moniz Perestrello,[14] figlia di Bartolomeo Perestrello il Vecchio (genovese e governatore di Porto Santo), e di Isabel Moniz, dalla quale nel 1481 ebbe un unico figlio dalla relazione, Diego, e si trasferirono prima a Porto Santo dove rimasero per due anni e successivamente a Madera,[15] in questo periodo Colombo si dedicò senza successo al commercio.[16]
Poco tempo dopo si trasferì a Lisbona, dove il fratello Bartolomeo lavorava come cartografo come era d'uso tra i molti genovesi dell'epoca che dimoravano in quella città. Fu probabilmente in questo periodo della sua vita che nella mente di Cristoforo iniziò a prendere forma il disegno della rotta breve per le Indie, e sempre a questo periodo si fa risalire l'ipotetico incontrò con un naufrago che prima di morire tracciò una mappa delle lontane terre oltre oceano ispirando Cristoforo.[17] La moglie morì anni dopo nel 1485.

La via breve per le Indie [modifica]

Cristoforo Colombo in ginocchio davanti alla regina Isabella di Castiglia
Basandosi sulle carte geografiche del suocero, sui racconti dei marinai e sui reperti (canne, legni ed altro) trovati al largo delle coste delle isole del "Mare Oceano" (l'oceano Atlantico), Colombo cominciò a convincersi che al di là delle Azzorre dovesse esserci una terra e che questa non potesse essere altro che l'Asia.
A Lisbona Colombo cominciò a documentarsi ed a leggere testi geografici, come la Historia rerum ubique gestarum di papa Pio II stampata nel 1477, l'Imago mundi di Pierre d'Ailly (1480) e Il Milione di Marco Polo. Una notevole influenza sulla decisione poi presa da Colombo dovette esercitare una lettera che nel 1474 Paolo Toscanelli indirizzò ad un canonico di Lisbona, Fernando Martins de Reriz. Nella missiva, che è quasi certo che Colombo conoscesse, il fisico fiorentino riteneva percorribile una rotta verso ovest per raggiungere l'India.[18]
Incontrò il re Giovanni II nel 1483 e nell'udienza gli chiese la somma necessaria per il suo progetto, ma dopo aver consultato i suoi esperti il Re rifiutò la proposta.[19]
Statua dedicata a Colombo a Madrid.
Colombo nel 1485, dopo la morte della sua donna, si recò in Spagna a Palos de la Frontera insieme al figlio.[20] Poi si recò a Siviglia. Cristoforo era alla ricerca di qualcuno che potesse finanziare l'impresa: dapprima provò con il duca Medina Sidonia ma non avendo ottenuto egli l'appoggio della corona si trovò costretto a rifiutare, in seguito tentò con don Luis de la Cerda, duca di Medinaceli che convinse parzialmente la regina Isabella di Castiglia, la quale decise quindi di incontrare Colombo.[21]
Recatosi a Cordova[22] giunse, il 20 gennaio 1486, al cospetto di Alfonso de Quintanilla, tesoriere dei regnanti,[23] come preludio all'incontro con la Regina, in quel momento assente. L'esploratore intanto visse nella città frequentando i Barroia (i fratelli Luciano e Leonardo) che gli presentarono Diego de Arana,[24] di cui conobbe la moglie Costanza e la cugina Beatrice (Beatriz Enríquez de Arana). Quest'ultima, ventenne di famiglia dedita al commercio vinicolo e orfana da tempo, ebbe una relazione con Colombo[25] che non giunse al matrimonio. Il navigatore ebbe una relazione anche con la marchesa di Moya.[26] I primi di maggio dello stesso anno arrivarono i regnanti nella città e Ferdinando II di Aragona e Isabella incontrarono Cristoforo.[27] L'esploratore presentò il suo progetto di raggiungere per mare il Catai ed il Cipango. Una commissione si riunì per vagliare le effettive possibilità di riuscita del viaggio, presieduta da padre Fernando de Talavera[28] e composta da uomini dotti fra cui Rodrigo Maldonado; essi seguirono i reali nelle città di Cordova, fino a fine anno e poi si trasferirono a Salamanca. La loro decisione tardò a venire, si attese la fine del 1490 per conoscere il verdetto di quella che venne definita la "battaglia di Colombo",[29] e gli esperti alla fine bocciarono la proposta.[30]
Nel 1488 Colombo ebbe un altro figlio, Fernando Colombo, da Beatrice. Negli anni seguenti Colombo cercò varie volte di farsi ascoltare dalla corte castigliana e decise di rivolgersi pure, tramite il fratello Bartolomeo, ai sovrani d'Inghilterra e di Francia, intanto conobbe Martin Alonso Pinzon. Nel 1492, col protrarsi dell'attesa, il navigatore era giunto oramai ai limiti della resistenza, e, dopo sette anni di soggiorno in Spagna, anche le sue risorse economiche si erano ridotte al punto da non essere quasi più in grado di provvedere alla sua famiglia,[31] era giunto a vendere libri e disegnare mappe[32]

Realizzazione del progetto [modifica]

I tre velieri in una stampa di Gustav Adolf Closs del 1892
Padre Juan Perez, confessore personale della regina, tramite Sebastiano Rodriguez[33] fece recapitare una missiva alla stessa regina, la quale due settimane dopo fece convocare padre. Il tesoriere Luis de Santangel, Ferdinando Pinello e altri intanto assicurarono la copertura finanziaria eventualmente richiesta.[34] Si riunirono nuovamente gli esperti, mentre Colombo ricevette tramite lettera la comunicazione di una nuova udienza.
Decisivo fu altresì il contributo del vescovo Alessandro Geraldini originario della città di Amelia, anche lui confessore della regina Isabella e amico personale di Colombo e del fratello Antonio; per sua insistenza, la regina si convinse definitivamente a consentire il viaggio del grande navigatore. Colombo avrebbe poi intitolato una delle isole del nuovo mondo a Graziosa, madre del Geraldini, e il prelato divenne anche il primo vescovo residenziale delle Americhe.
Si recò a Siviglia, ma i reali si erano tasferiti a Santa Fe, Colombo li raggiunse e nell'incontro, dove i reali erano propensi ad accettare di finanziare l'impresa, dettò le sue condizioni. Colombo chiese il titolo di ammiraglio e la carica di viceré e "governatore delle terre scoperte", titolo che doveva essere ereditario, la possibilità di conferire ogni tipo di nomina nei territori conquistati[35] e, inoltre, una rendita pari al 10% di tutti i traffici marittimi futuri. Le richieste furono considerate eccessive e non si fece alcun accordo.
Colombo partì, ma venne richiamato[36] e le richieste accettate in caso di riuscita del viaggio. Durante le trattative che durarono tre mesi, Isabella si fece rappresentare da Juan de Coloma, mentre le bozze erano redatte dallo stesso padre Perez. Il contratto, (Capitolaciones) firmato il 17 aprile 1492 prevedeva cinque paragrafi.[37] La somma necessaria per l'armamento della flotta, pari a 2.000.000 di maravedí, sarebbe stata versata metà dalla corte e metà da Colombo, finanziato da alcuni banchieri genovesi, tra cui il Banco di San Giorgio ed il Berardi. Si trattava, in realtà, di una somma modesta anche per quei tempi. Si calcola, infatti, che quella che si sarebbe rivelata come una delle più importanti spedizioni della storia umana, fu finanziata con una spesa complessiva variabile fra gli attuali 20.000 e 60.000 €.[38] Dopo la firma Colombo lasciò la città il 12 maggio, quando era già deciso il luogo di partenza, Palos.[39]
Furono così allestiti tre velieri (di norma definiti caravelle[40]), di cui due - la Santa Maria e la Pinta - dotati di alberi a vele quadre e uno - la Niña - dotato di vela latina (quindi tecnicamente non navi dal punto di vista velico perché non dotati di tre alberi a vele quadre). La Santa María[41] (in realtà si trattava di una caracca) stazzava 150 tonnellate ed era capitanata dallo stesso Colombo in qualità di nave ammiraglia. La Pinta stazzava 140 tonnellate e la piccola Niña ne stazzava solamente 100;[42] erano comandate rispettivamente da due armatori di Palos, Martín Alonso Pinzón e suo fratello minore Vicente Yáñez Pinzón.[43] Inizialmente solo due navi erano pronte, recuperate senza grosse spese a carico della Corona spagnola,[44] mentre si decise che chi avesse partecipato all'impresa avesse sospesa ogni pendenza legale (sia civile che penale) in carico.[45]
Nel reclutare i 90 marinai,[46] Colombo fu validamente aiutato da Martin Pinzón che godeva di ottima fama nella città.[47] A Martin Pinzon spettava il ruolo di comandante in seconda di Colombo e l'esecuzione pratica del viaggio, mentre a Colombo spettava la guida come condottiero dell'idea.[48] Il pilota della flotta era il cantabrico Juan de la Cosa, proprietario della Santa Maria.

Viaggi per le Americhe [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Viaggi di Cristoforo Colombo.

Primo viaggio [modifica]

I quattro viaggi di Colombo
La partenza avvenne alle sei del mattino del 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera,[49] con rotta verso le Isole Canarie. Il 6 agosto[50] si ruppe il timone della Pinta e si credette ad un'opera di sabotaggio,[51] quindi furono costretti ad uno scalo di circa un mese a La Gomera per le necessarie riparazioni.[31] La Pinta giunse con due settimane di ritardo a causa dell'avaria, tanto che Colombo pensò di sostituirla con un'altra caravella. Si approfittò della sosta per modificare anche la velatura della Nina, trasformandola da latina a quadrata per meglio adeguarla alla navigazione oceanica. Va anche detto che alla Gomera era presente la giovane vedova del governatore, Beatrice di Bodabilla, che a quanto pare aveva già avuto uno scambio di cortesie col navigatore.[52]
Le tre navi ripresero il largo il 6 settembre spinte dagli alisei, dei quali Colombo conosceva l'esistenza. Questi venti spirano sempre da est verso ovest formando stabilmente una striscia di nuvole galleggiante nell'aria, tanto che l'Ammiraglio nel giornale di bordo scrisse: "Si naviga come tra le sponde di un fiume". Un'altra, tra le suggestioni del primo viaggio transoceanico, fu la posizione delle navi costantemente rivolte verso il tramonto, oltre che la sensazione di procedere per ampi spazi mai prima toccati.[53]. Le caravelle navigarono per un mese senza che i marinai riuscissero a scorgere alcuna terra.
Il 16 settembre le caravelle cominciarono a entrare nel Mar dei Sargassi e Colombo approfittò dello spettacolo delle alghe galleggianti (un fenomeno tipico di questo mare) per sostenere che tali vegetali erano sicuramente indizi di terra vicina (cosa in realtà non vera), tranquillizzando temporaneamente i suoi uomini.[31] A partire dal giorno 17 si osservò con stupore il fenomeno assolutamente sconosciuto della declinazione magnetica: la bussola indicava il polo magnetico distaccandosi sempre più dal nord geografico, col rischio di allontanare le navi dalla loro rotta.[54]
Questi strani fenomeni ebbero l'effetto di spaventare i marinai e la tensione crebbe inevitabilmente. Il 6 ottobre Colombo registrò di aver percorse 3652 miglia, già cento in più di quante ne aveva previste.[55] Lo stesso giorno vi fu una riunione generale dei comandanti a bordo della Santa Maria, durante la quale Martin Pinzon suggerì di cambiare rotta da Ovest a Sud-Ovest.[56] Il 7 ottobre Colombo decise di virare quindi verso Sud-Ovest, avendo visto alcuni uccelli dirigersi verso quella direzione. Il 10 vi fu un principio di ammutinamento.[57] Colombo, più che mai fermo nella propria idea e forte degli studi che aveva compiuto nel corso del viaggio, riuscì forse ad ottenere un accordo[58]: se entro tre o quattro giorni le vedette non avessero scorto alcuna terra le caravelle sarebbero tornate indietro[31] o si sarebbe deciso diversamente.[59] Giovedì 11 ottobre si ebbero alcuni segnali positivi: furono avvistati diversi oggetti fra cui un giunco, un bastone e un fiore fresco[60] che un marinaio pescò in mare:[31] soltanto la vicinanza della terra emersa poteva giustificare questi ritrovamenti. Durante la notte Colombo si disse convinto di avere intravisto in lontananza una luce, "como una candelilla que se levava y se adelantaba" ("come una piccola candela che si levava e si agitava"). Fu solo alle due di notte del venerdì, 12 ottobre 1492, che Rodrigo de Triana a bordo della Pinta distinse finalmente la costa;[61] (tuttavia, il premio in denaro promesso al primo che avesse avvistato la terra fu aggiudicato a Colombo).[62] Il giorno dopo le caravelle riuscirono a trovare un varco nella barriera corallina e gli equipaggi sbarcarono su un'isola chiamata Guanahani, che Colombo battezzò San Salvador.
Colombo sbarcato nel Nuovo Mondo
Gli spagnoli furono accolti con grande cortesia e condiscendenza dai Taino[63], la tribù abitante dell'isola. Colombo stesso, nella sua relazione, sottolinea più volte la gentilezza e lo spirito pacifico dei suoi ospiti:

« Gli abitanti di essa [...] mancano di armi, che sono a loro quasi ignote, né a queste son adatti, non per la deformità del corpo, essendo anzi molto ben formati, ma perché timidi e paurosi [...] Del resto, quando si vedono sicuri, deposto ogni timore, sono molto semplici e di buona fede, e liberalissimi di tutto quel che posseggono: a chi ne lo richieggia nessuno nega ciò che ha, ché anzi essi stessi ci invitano a chiedere »

(Cristoforo Colombo, prima relazione sul viaggio nel Nuovo Mondo, 14 marzo 1493[64])
La sera del 27 ottobre[65] le caravelle arrivano alla fonda della baia di Bariay,[66] a Cuba, nell'attuale provincia di Holguín. Nel diario di bordo di domenica 28 ottobre troviamo scritto: "Es la isla mas hermosa que ojos humanos hayan visto" ("È l'isola più bella che occhio umano abbia mai visto"). Tuttavia, data la mancanza di oro e la condizione primitiva degli indigeni, l'Ammiraglio pensò di essere arrivato soltanto in un remoto avamposto della grande civiltà asiatica descritta da Marco Polo.[67]
Pinzon aveva udito dagli indigeni delle immense ricchezze dell'isola di Babeque[68] e che dopo alcuni tentativi fatti insieme a Colombo avesse deciso di proseguire le ricerche senza autorizzazione.[69] Sta di fatto che per circa due mesi la flotta si ridusse a due sole caravelle, con le quali venne esplorata la costa settentrionale di Haiti battezzandola Hispaniola. Giunsero quindi nella baia che Colombo chiamò Bahia de los Mosquitos (altro nome che sopravvisse nei secoli) e si parlò di un'isola a forma di tartaruga che il navigatore chiamò Tortuga.[70] Sempre convinto di trovarsi in Asia, Colombo confuse la parola indigena Cibao col ricchissimo Cipango, ovvero il Giappone,[71] alla ricerca del quale si mise subito in viaggio superando Capo d'Haiti.
Verso la mezzanotte del 25 dicembre, a poca distanza dalla costa, la Santa Maria andò in secco di prua arenandosi sopra un banco corallino. L'Ammiraglio, svegliatosi, ordinò di tonneggiare gettando l'ancora verso poppa per poi trainarla da un argano allo scopo di far retrocedere la nave. Venne quindi gettata in mare una lancia su cui salì anche Juan de la Cosa, che però, inaspettatamente, decise di dirigersi verso la Niña.[72] La Santa Maria rimase in condizioni precarie e venne abbandonata; a nulla servirono gli ultimi sforzi dei marinai.[73]
L'Ammiraglio, rimasto con una sola caravella, dovette abbandonare parte della ciurma (39 persone in tutto)[74] con la promessa che sarebbe tornato a riprenderli durante il secondo viaggio transoceanico. Fece quindi costruire un forte - La Navidad[75] - a poca distanza dal luogo dell'incidente.
Successivamente gli indigeni dissero di aver avvistato "un'altra casa sull'acqua" (la Pinta) ma a nulla servì il messaggio che Colombo cercò di inviargli.[76] Il 4 gennaio si tentò ancora di entrare in contatto mentre il 5 la flotta si riunì nelle vicinanze di Monte Christi. Seguirono l'incontro e le giustificazioni di Martin Pinzon.[77] Il capitano della Pinta affermò di essersi recato senza successo a Babeque e di aver fatto scambi proficui con Caonabò.[78] Colombo non gli credette ma lo perdonò in quanto gli era impossibile intraprendere il viaggio di ritorno con una sola imbarcazione.[79]
Prima del rientro decisero di trarre in secco le due navi a Capo Samanà per un lavoro di restauro. Il 13 gennaio furono attaccati da una tribù ostile agli spagnoli, che Colombo credette fossero i temibili Canibi.[80] Negli scontri si ebbero soltanto alcuni feriti ma Colombo decise comunque di partire prima possibile all'alba del 16 gennaio 1493.[81]
Consapevole che per il viaggio di ritorno la flotta avrebbe dovuto muovere a settentrione per uscire dal regime degli alisei, Colombo risalì fino al 35° parallelo, quasi in linea col parallelo di Capo S.Vincenzo in Portogallo. Quindi, il 23 gennaio, puntò la prua a levante.[82] Il navigatore non poteva però sapere che in inverno, a tali latitudini, l'oceano Atlantico è sconvolto da violentissime tempeste come quella in cui s'imbatté il 13 febbraio.[83] L'uragano durò circa due giorni, ridusse allo stremo la resistenza delle piccole caravelle e le separò senza alcuna possibilità di manovra. Colombo, temendo il peggio, gettò in acqua un barile che conteneva i documenti e i resoconti dell'impresa (il barile non venne mai ritrovato).[84] Placatasi finalmente la burrasca, Colombo approdò fortunosamente alle isole Azzorre, sull'isola di Santa Maria. Da qui, la malconcia Nina ripartì il 24 febbraio arrivando otto giorni dopo a Restelo, nei pressi di Lisbona. Rui de Pina, umanista portoghese alla corte di Giovanni II, scrisse del suo arrivo in Portogallo:

« Il 6 marzo 1493 è arrivato dalle Antille di Castiglia Cristoforo Colombo, italiano... »
Nonostante l'inimicizia dei portoghesi, Colombo venne cortesemente ricevuto da re Giovanni II[85] a Vale do Paraíso, vicino Azambuja, mettendo a sua disposizione il porto di Lisbona per il restauro della caravella. Martin Alonso Pinzon, intanto, era riuscito a giungere a Baiona nel golfo di Biscaglia ai primi di marzo (rientrando quindi in Spagna prima di Colombo)[86]; fece poi vela per Palos arrivandovi poche ore dopo la Nina, già sofferente di una misteriosa malattia che in breve tempo lo condusse alla morte (probabilmente la sifilide).[87]
Colombo aveva portato con sé un po' di oro, tabacco e alcuni pappagalli da offrire ai sovrani quali segni tangibili delle potenzialità delle "isole dell'India oltre il Gange". Condusse anche dieci indiani Taino. Furono giorni di festa nella città di Siviglia, Cordova e Barcellona, dove l'Ammiraglio vi giunse il 20 aprile accolto dai sovrani con onori trionfali. Il ricevimento continuò nella cappella di Sant'Anna per celebrare il Te Deum[88] consumando poi un pranzo con il rito della salva, solitamente riservata alla stirpe di sangue reale.[89] I sovrani lo sollecitarono infine ad intraprendere una seconda spedizione.

Secondo viaggio [modifica]

Secondo viaggio
L'ammiraglio Colombo salpò per il suo secondo viaggio da Cadice il 25 settembre con 17 navi, fra cui la Niña ora denominata Santa Clara,[90] e un equipaggio di circa 1200 uomini, tra i quali vi erano il figlio Diego, il fratello Giacomo, il padre di Las Casas, mentre i documenti relativi al viaggio provengono dalle cronache di Diego Alvarez Chanca[91] e di Michele da Cuneo, infatti il diario di bordo andò perduto.[92] Colombò salì al comando della nuova nave ammiraglia: Santa Maria, denominata in seguito Mariagalante[93]
Il 3 novembre la flotta raggiunse Dominica e veleggiò tra le piccole e le grandi Antille. Il 19 arrivarono a Porto Rico ed il 22 dello stesso mese Colombo tornò ad Hispaniola, dove scoprì che gli uomini dell'equipaggio che aveva lasciato erano stati uccisi.[94]
Fondò un nuovo avamposto, "La Isabela", sorta sulle rive del rio Bahonito nei primi giorni dell'anno 1494. Le condizioni del luogo e il cibo indigesto[95] fecero ammalare centinaia di uomini entro la fine del mese. L'ammiraglio preoccupato fece partire Antonio de Torres con dodici navi verso la Spagna,[96] cariche di pochissimo oro,[97]
Colombo trascorse alcuni mesi nell'esplorazione dell'entroterra alla ricerca di oro, creò un nuovo forte, San Tomàs.[98] Il 24 aprile 1494 lasciò l'isola e il 30 aprile giunse a Cuba. Colombo cadde malato quando tornò a Isabela il 29 settembre, intanto era giunto con tre caravelle suo fratello Bartolomeo, giusto in tempo per essere nominato dal fratello, incapace al momento, adelantado della colonia, ovvero delegò ogni potere a lui.[99] Gli spagnoli non furono contenti di tale gesto: lo stesso Margarit con padre Buyl al seguito deciseo di ammunitarsi e prendere le tre caravelle di Bartolomeo per tornarsene in Europa,[100] molti li seguirono. Iniziarono delle battaglie contro gli indigeni, che vide al termine la vittoria spagnola.
Giunse Juan Aguardo inviato dai reali spagnoli nell'ottobre del 1495,[101] maggiordomo di corte, il suo compito era quello di osservare, informarsi registrando le testimonianze dei coloni e riferire. Colombo decise quindi di ritornare in Europa ma prima della partenza un violento uragano si abbatté su Isabela distruggendo tutte le caravelle tranne la Niña,[102] insufficiente per tornare con tutti gli uomini rimasti fece cstruire un'altra caravella, pronta nel marzo del 1496 a quella imbarcazione le venne dato il nme di India. Duecento uomini salirono su quelle navi a cui si aggiunsero trenta schiavi fra cui Caonabò catturato in precedenza,[103] che morì durante il viaggio. Partirono il 10 marzo del 1496 e giunsero l'11 giugno del 1496 a Cadice.

Terzo viaggio [modifica]

Terzo viaggio
Dopo due anni trascorsi in Castiglia, incontrò a Burgos i re spagnoli,[104] Convinti i reali della necessità di una nuova spedizione e a reperire la somma necessaria per il viaggio, Colombo riuscì ad armare sei navi, con un equipaggio di circa 300 marinai.
La flotta, partita il 30 maggio 1498, si diresse verso Gomera dove le sei navi si divisero, tre proseguirono con Colombo, altre tre verso le rotte ormai consolidate,[105] verso Dominica. L'ammiraglio proseguì con la flotta ridotta verso le isole di Capo Verde da dove raggiunse Trinidad, il 31 luglio. Nell'agosto dello stesso anno Colombo esplorò il Golfo di Paria ed il delta dell'Orinoco, non accorgendosi che si trattava di un continente, le coste orientali dell'attuale Venezuela e non di piccole isole. Decise di non sbarcare ma inviò dei marinai che incontrarono terre ricche di perle.
Giunse ad Hispaniola l'11 agosto del 1498, cercò la nuova città fondata dal fratello, Santo Domingo, vi giunse alla fine del mese, e lo raggiunse l'altro fratello, Diego. Vi fu una rivolta capeggiata da Francisco Roldán (l'alcade di Isabela) nel 1499,[106] I sovrani cattolici, avvertiti dai reduci dei disordini sull'isola, e leggendo delle strane pretese avanzate da Colombo nella sua missiva, inviarono nel 1500 Francisco de Bobadilla, in risposta in parte alle sue richieste,[107] per far luce sull'accaduto.
Questi, appena giunto vide il cadavere di due spagnoli, intanto Adrian de Muxica, uno dei secondi di Roldàn venne ucciso[108]
Resosi conto della situazione, arrestò prima Diego, l'unico rimasto in città, poi Colombo[109] e Bartolomeo. Decise quindi di ricondurli in patria, Partirono nel mese di ottobre a bordo della Gorda, una caravella, giunsero nello stesso mese a Cadice. All'arrivo, Colombò ancora incatenato come sua richiesta, consegnò ad un suo uomo di fiducia una missiva da recapitare a Donna Juana,[110] sorella di Antonio de Torres, confidente della regina, un mezzo per comunicare con lei. Isabella fece liberare Colombo, che però dovette rinunciare al titolo di viceré.

Quarto viaggio [modifica]

Quarto viaggio
Dopo l'incontro con i reali avvenuto nel dicembre del 1500 a Granada il 3 settembre del 1501 i reali esternarono il loro pensiero: fu tolta la carica di viceré a Colombo, e governatore e giudice supremo delle isole e della terraferma delle Indie fu proclamato Nicolas Ovando.[111] L'ammiraglio organizzò un altro viaggio e su insistenti richieste il 14 marzo 1502 i reali accettarono la proposta, ma in cambio non avrebbe portato altri schiavi e non avrebbe dovuto fare scalo a Hispaniola, almeno all'andata,[112] intanto Ovando partì con 32 navi e 2.500 uomini diretti verso Hispaniola.
Colombo partì accompagnato dal fratello Bartolomeo e dal figlio tredicenne Fernando. Le quattro navi concesse fra cui Santiago,[113] Gallega, pilotata da Pedro de Terreros e Vizcaina comandata da Bartolomeo Fieschi, salparono da Cadice il 9 maggio 1502. Il pilota era Juan Sanchez, posto sotto gli ordini di Diego Tristan; Colombo era invecchiato tanto da non poter prenderne il comando. Dopo lo scalo a Gran Canaria,[114] si riprese la traversata compiuta in 20 giorni giunse quindi a Martinica. Dopo una sosta di qualche giorno si rivolese verso Hispaniola, città che gli era stato vietato raggiungere. Colombo aveva previsto il sopraggiungere di un uragano, chiese rifugio per le imbarcazioni ad Ovando che rifiutò. L'ammiraglio trovò un altro luogo dove ripararsi ma venti navi partite per il ritorno in Spagna su cui vi erano imbarcati de Torres, Francisco de Bobadilla e Francisco Roldán, vennero distrutte e non ci furono sopravvissuti al disastro,[115] mentre le navi di Colombo si salvarono[116] Ripartì verso l'America centrale continentale con l'intenzione di trovare un passaggio per le Indie.
Tra il luglio e l'ottobre di quell'anno Colombo costeggiò l'Honduras, il Nicaragua e la Costa Rica. Fra pioggie continue di giorno, in 28 giorni viaggiarono per 170 miglia.[117] Il 5 ottobre giunse in quello che gli indigeni chiamavano Ciguara, luogo che in futuro sarà il canale di Panamá, raggiungendo la città di Panamá, il 16 ottobre.
Saputo di Veragua, una regione ricca d'oro, pensò allo sfruttamento della zona, talmente impervia da abbandonare il progetto. Gli indigeni locali ostili, armati con mazze in durissimo legno di palma con le quali in uno scontro uccisero Diego Tristan e alcuni marinai che erano andati con lui in perlustrazione e ne ferirono molti, fra cui lo stesso Bartolomeo. Colombo malato da tempo decise di abbandonare tutto, Gallega compresa, grazie all'aiuto di Diego Mendez, promosso poi al posto del defunto Tristan,[118] le perdite furono limitate.
Il 16 aprile 1503 Colombo lasciò quei luoghi, ripartendo per Hispaniola, scoprì le Isole Cayman e le battezzò Las Tortugas per le numerose tartarughe marine che vi erano presenti, ma durante la navigazione gli scafi risultavano infestati da dei parassiti, le teredini, comuni nelle acque caraibiche che indebolirono la struttura delle tre navi rimaste. La prima a cedere fu la Vizcaina che venne abbandonata in un'insenatura.[119] il 25 giugno giunsero nella baia di Santa Gloria. Gli equipaggi furono costretti a sbarcare sulla costa settentrionale della Giamaica. Le navi infatti avevano imbarcato troppa acqua e la spedizione era giunta in Giamaica svuotandole con le pompe ed i secchi di bordo. Poco dopo l'arrivo trascinarono le navi in riva e le puntellarono per creare un riparo e una difesa contro gli indigeni. Si trovavano vicini ad un villaggio, Maima.[120]
Colombo e l'eclissi lunare
Colombo vietò a chiunque di scendere dalle navi e inviò Diego Mendez con tre uomini al seguito ottenendo permessi per la caccia e la pesca, si pensò al ritorno l'ammiraglio ebbe l'idea di creare una canoa permettendo un uomo di giungere a Hispaniola, l'incarico fu affidato a Mendez[121]
Alla fine le canoe furono due e l'esempio di Mendez fu seguito da Bartolomeo Fieschi,[122] con loro salirono diversi indigeni, di cui uno morì per la sete venendo poi gettato a mare. Dopo tre giorni di navigazione giunsero a Navassa, a settembre furono a Santo Domingo. Durante le lunghe trattative Francisco Porras e Diego Porras,[123] seguiti da 48 uomini si ribellarono a Colombo, vollero tentare l'attraversata in canoa come i due tempo addietro ma non ebbero fortuna e tornarono arrendendosi.
Gli indigeni stavano per ribellarsi ma Colombo riuscì poco dopo a prevedere un'eclissi lunare del 29 febbraio e mandò quindi a chiamare gli indigeni sostenendo che il suo dio era in collera con loro e avrebbe oscurato il cielo. La sera la luna divenne rossa e il giorno dopo gli indigeni spaventati ripresero a fornire cibo ai superstiti.[124]
Nel mese di giugno 1504 giunse Diego de Salcedo con una nave da lui pagata con al seguito una piccola imbarcazione,[125] i soccorritori erano giunti. Il 28 giugno ripartirono[126] per Hispaniola, il 12 settembre alla volta della Spagna, pagando di tasca propria il viaggio di rientro. Arrivò in Spagna il 7 novembre.

La morte a Valladolid [modifica]

La tomba di Colombo nella cattedrale di Siviglia
Alla fine del 1504 decise di non lasciare più la Spagna, anche se in un ambiente a lui ostile, risiedeva a Siviglia mentre i reali a Segovia. Inviava lettere al figlio, Diego, divenuto cortigiano di corte chiedendo incontri con i reali che non ebbero mai luogo. La regina Isabella, sua protettrice, malata da tempo, nel frattempo era morta, mentre il Re e la corte non compresero l'importanza delle sue scoperte, né accettarono il suo "Memorial des Agravios", un lungo memoriale sui torti ricevuti.
Il figlio riuscì a far ottenere al padre un incontro con re Ferdinando,[127] e per le sue rivendicazioni fu decisa la creazione di un ruolo apposito, di un arbitro, ricadendo su padre Deza tale compito che svolse con dedizione,[128] ma i risultati non furono dei migliori per Colombo. Gli offrirono Carrion de los Condes in cambio di tutte le sue rivendicazioni ma egli rifiutò, in seguito giunse a Valladolid.
Morì a Valladolid il 20 maggio 1506 a causa di un attacco di cuore dovuto alla sindrome di Reiter, come stabilito da una pubblicazione del febbraio 2007 di Antonio Rodriguez Cuartero dell'università di Granada. I sintomi di tale malattia sono stati ritrovati nei diari di Colombo e negli scritti dei suoi contemporanei: dolore durante la minzione, rigonfiamento ed indebolimento delle ginocchia e congiuntivite, diventati evidenti negli ultimi tre anni di vita.[129] Venne sepolto inizialmente in una chiesa della città, ma i suoi resti furono poi inumati nella cripta di un monastero a La Cartuja (Siviglia, dove venne poi sepolto anche suo figlio Diego) e successivamente, nel 1509, posti nella cattedrale della stessa Siviglia. Nel 1537 le spoglie di Cristoforo e Diego vennero trasportate ad Hispaniola nella cattedrale di Santo Domingo dove rimasero fino al 1795, quando l'isola dovette essere ceduta ai francesi. Gli spagnoli spostarono quindi i resti a L'Avana, e poi, nel 1898 in seguito alla vittoria degli USA nella guerra ispano-americana, di nuovo a Siviglia in un elaborato catafalco.[130][131]

La disputa sulla "vera" tomba [modifica]

Nel 1877 durante i lavori di restauro della cattedrale di Santo Domingo, venne scoperta una cassa di piombo contenente 13 frammenti d'osso grandi e 28 piccoli; su di essa c'era una scritta che attribuiva questi resti a "Cristobal Colón". Attualmente queste spoglie riposano al faro di Colombo, voluto dal governo dominicano (convinto che nel 1795 si siano riportate per sbaglio in Spagna le ossa del figlio Diego) a perenne memoria dello scopritore del continente americano.[130][132]
Nel giugno 2002 i professori spagnoli Marcial Castro e Sergio Algarrada hanno cercato di risolvere il problema del luogo di sepoltura di Colombo, reclamato per l'appunto dalla cattedrale di Santo Domingo e da quella di Siviglia. L'intento dei due studiosi era di estrarre, con l'aiuto dell'università di Granada, del DNA dai resti umani di entrambe le cattedrali e quindi compararlo con il DNA del figliastro Fernando, la cui identità è certa.[132] Se le autorità andaluse (comunità autonoma dove si trova Siviglia) hanno formalmente chiesto autorizzazione alla cattedrale di Siviglia per riesumare i resti del presunto Colombo, altrettanto non hanno fatto le autorità della Repubblica Dominicana.[130] L'università di Granada, nel giugno 2003, ha comunque proceduto al prelievo del DNA dalle ossa di Siviglia[133] e ad un'osservazione delle stesse. Proprio in questa fase parve che le ossa non coincidevano con quelle di una persona dalle caratteristiche fisiche, o con l'età al momento della morte, di Cristoforo,[134] ma il DNA isolato (in realtà un piccolo frammento di mtDNA) ha evidenziato una corrispondenza con quello del fratello Giacomo, prova che entrambi ebbero la stessa madre.[135][136] Questa prova, unita ad analisi antropologiche e storiche, ha rafforzato nei ricercatori l'idea che la vera tomba di Cristoforo Colombo sia quella posizionata nella cattedrale di Siviglia.[137]
Cristoforo Colombo sulla tolda della nave indica la via per il Nuovo mondo. Particolare di un manifesto illustrativo per l'esposizione italo-americana del 1892, tenuta in occasione del quattrocentenario della scoperta dell'America
Visto che i frammenti umani di Santo Domingo non sono stati potuti essere esaminati, non è noto se anch'essi appartengano a Cristoforo Colombo.[136][137]

Errore di calcolo [modifica]

L'impresa navale di Colombo, motivata dal desiderio di raggiungere le Indie e commerciarvi direttamente e più velocemente, fu resa possibile dalla determinazione del viaggiatore genovese ma anche - come avviene nel caso di molte scoperte - da un suo errore.
Egli sosteneva infatti che la Terra avesse un diametro più piccolo di quello effettivo[138] e che il continente euroasiatico fosse più esteso di quanto non sia in realtà: la composizione di questi due errori, originati rispettivamente da Toscanelli e Marco Polo, aveva come effetto la convinzione, nei fatti infondata, di poter compiere la traversata dall'Europa all'Asia. A quell'epoca, in effetti, nessuna nave sarebbe stata in grado di compiere gli oltre 20.000 km che separano la Spagna dal Giappone, se non altro perché non esisteva nave capace di stoccare a bordo un quantitativo di provviste sufficienti al compimento del viaggio, che avrebbe richiesto - in condizioni ottimali - più di quattro mesi. I calcoli di Colombo erano sbagliati, mentre quelli dei suoi avversari erano sostanzialmente corretti: Colombo stimava in appena 4400 km la distanza dalle isole Canarie alla costa asiatica, un valore cinque volte più piccolo di quello reale. La grande fortuna di Colombo fu che il suo viaggio venne molto ridotto, perché sulla strada per le Indie trovò le Americhe, altrimenti la sua spedizione sarebbe sicuramente perita in mezzo all'oceano, o sarebbe tornata indietro.
La forte opposizione che Colombo trovò, derivava dal fatto che la traversata oceanica era considerata troppo lunga per essere fattibile e non già dalla credenza che Colombo fosse il solo a sostenere che la Terra fosse sferica. Infatti, la consapevolezza della sfericità della Terra era opinione comune già della gente colta del basso Medioevo (per tutti, si possono citare Tommaso d'Aquino e Dante Alighieri). Già dall'antichità, le osservazioni prodotte in ambiente astronomico-matematico ellenistico (dove la circonferenza della Terra era stata accuratamente misurata da Eratostene) erano state riprese e perfezionate dagli scienziati musulmani, che avevano tradotto e studiato quei testi, e dagli studiosi occidentali. Oltretutto, all'epoca in cui Colombo effettuò i suoi calcoli per il compimento del primo viaggio, il procedimento di Eratostene (che fornisce una stima della misura della circonferenza terrestre con un margine di errore minore del 5%) era disponibile e sarebbe potuto essere ripetuto.
Colombo stesso non si rese conto di essere su un continente diverso da quello che si aspettava: in seguito, come annotò sui suoi diari, battezzò le terre scoperte nuevo mundo e nel terzo viaggio dubitò di essere giunto in un nuovo continente.[139]
La leggenda che la Terra fosse considerata piatta deriva da un romanzo del 1828, La vita e i viaggi di Cristoforo Colombo di Washington Irving, che, in odio alla Chiesa cattolica, descriveva la falsa immagine di un Colombo unico sostenitore della teoria di una Terra rotonda contro la pretesa ignoranza medioevale imposta dal cattolicesimo. In realtà, come si è scritto in precedenza, l'appoggio ecclesiastico a Colombo fu determinante nel vincere proprio le resistenze dei suoi avversari all'organizzazione e al finanziamento del primo viaggio.

Retrodatazione della scoperta dell'America [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce colonizzazione europea delle Americhe#Retrodatazione della scoperta dell'America.
Prima di Colombo già alcuni popoli avevano compiuto dei tentativi verso il nuovo continente, come ad esempio i vichinghi (che certamente giunsero a Terranova), gli scandinavi ed infine i portoghesi, che avevano colonizzato le Azzorre, situate al largo nell'Atlantico; alcuni colonizzatori islandesi erano giunti inoltre in Groenlandia all'inizio del II secolo.[31]
Secondo alcuni storici[140] la scoperta dell'America da parte di Colombo sarebbe da anticipare di qualche anno. Secondo queste tesi, il navigatore avrebbe compiuto già nel 1485 un viaggio che lo avrebbe portato nel Nuovo Mondo. Questo lo si potrebbe dedurre da vari indizi: la rotta seguita da Colombo nel primo viaggio nel 1492 segue esattamente le correnti, inoltre, sulla tomba di papa Innocenzo VIII è riportata la frase "Durante il suo regno la scoperta di un Nuovo Mondo". Il papa però morì il 25 luglio 1492, alcuni giorni prima della partenza ufficiale. L'autore di detta iscrizione può avere sia fatto semplice riferimento all'ultimo anno solare in cui visse Innocenzo VIII, appunto il 1492, quanto all'oggi noto ruolo di "protettore" che detto Papa ebbe nei confronti di Colombo[141]).
È da notare anche che il navigatore turco Piri Reìs, nella sua famosa mappa, realizzata nei primi decenni del XVI secolo, annotò che la zona delle Antille era stata scoperta nell'anno del calendario islamico 896 (corrispondente al 1490/1491 dell'era cristiana) da parte di un genovese infedele di nome Colombo.[142]

La causa per l'eredità e la discendenza [modifica]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce causa per il maggiorasco di Cristoforo Colombo.
Nel 1497 i sovrani di Spagna concessero a Colombo la facoltà di istituire un maggiorasco, cosa che il navigatore fece nell'anno successivo tramite testamento (un altro testamento venne fatto nel 1502 ed altri codicilli nel 1506). Colombo precisò che il maggiorasco dovesse essere ereditato solamente da un discendente maschio, oppure, in assenza di questo, dai parenti.[143] Deceduto Colombo, il maggiorasco passò al figlio Diego e quindi, alla morte di questo, al figlio Luigi, il quale ebbe delle controversie con l'imperatore Carlo V circa il modo con cui conferire le cariche e recepire le entrate fiscali. Venne infine raggiunto un accordo secondo cui a Luigi spettava il titolo di marchese della Giamaica, invece che di governatore, il Ducato di Veragua, e una rendita fissa a vita in luogo della decima convenuta nelle capitolazioni da suo nonno Cristoforo. Luigi morì senza discendenti maschi, per cui l'eredità andò al nipote Diego, ultimo discendente maschio in linea retta da Cristoforo Colombo morto nel 1578 senza figli.[144]
Scorcio di Cuccaro Monferrato (AL)
Sorse allora una controversia fra i presunti eredi, complicata anche dal fatto che non si riuscì a trovare il testamento del 1502 ma solo quello del 1498 e dei codicilli del 1506. Il 4 ottobre del 1583 il re Filippo II di Spagna scrisse una lettera al Duca di Mantova Guglielmo Gonzaga per informarlo che alla sua corte era in corso una disputa tra Cristoforo di Cardona (ammiraglio delle Indie), Francesca Colombo, Alvaro di Portogallo (conte di Gelves), Giovanna di Toledo, la badessa e le monache del convento di Valladolid, Maria Colombo (monaca dello stesso convento di Valladolid), Cristoforo Colombo (fratello di Luigi, con lo stesso nome dello scopritore del Nuovo Mondo) e Baldassare Colombo. Proprio le pretese di Baldassarre spinsero Filippo II a chiedere a Guglielmo Gonzaga di interrogare sotto giuramento dei testimoni nel Monferrato ed, entro sei mesi, inviare una relazione scritta al supremo tribunale di Spagna.[145] I punti da chiarire erano l'appartenenza all'antica famiglia dei Colombo di Cuccaro Monferrato; il legame di parentela tra gli avi di Cristoforo Colombo e quelli di Baldassarre; la presenza del nome di Domenico Colombo, padre di Cristoforo, tra le scritture pubbliche di Cuccaro; e il fatto che Cristoforo Colombo fosse discendente dei Colombo del castello di Cuccaro. Erano poi da raccogliere il più alto numero possibile di testimonianze sulle sorti e l'ubicazione del ramo di Cuccaro dei Colombo e sul perché tutti parlavano di Cristoforo come di un genovese anziché di un cuccarese.[146]
Il Duca di Mantova delegò quindi il senatore Ferrari e due notai di procedere con le indagini, vidimate poi dal Senato di Mantova e dal vescovo di Casale Monferrato e inviate in Spagna.[147] La causa, celebratasi dinanzi al Consiglio delle Indie, si protrasse finché, il 22 dicembre 1608,[148] il maggiorasco venne assegnato a Pedro Nuño Colón de Portugal, maschio ma discendente in linea femminile (figlio di Alvaro di Portogallo, a sua volta figlio di Isabella Colombo, figlia di Diego Colombo nonché nipote di Cristoforo).[149] Baldassarre Colombo, che pure era stato riconosciuto come parente dell'ammiraglio,[150] rimase escluso perché non ritenuto, come Pedro Nuño, il parente più prossimo dello scopritore del Nuovo Mondo. Tuttavia, a Baldassarre venne dato il titolo di conte e venne assegnata una somma di 2000 ducati[148] come parte della rendita dello Stato di Veragua.
Lo studio effettuato nei primi anni del 1800 da Gian Francesco Galleani Napione di altri documenti custoditi dal discendente Guglielmo Fedele Colombo,[151] ha provato l'estinzione delle due linee della famiglia Colombo: una del Baldassarre, l'altra di Ascanio Colombo, vivente ancora nel 1652. Guglielmo Fedele era invece discendente dall'unico ramo noto della famiglia Colombo ancora vivo, quello cioè di Cuccaro, estintosi poi anche questo nel 1877 con Luigi Colombo, prelato di Gregorio XVI e Pio IX.[152][153] Luca Antonio Colombo, padre di Guglielmo Fedele, venne investito di porzioni del feudo di Cuccaro l'8 giugno 1737, passate poi con cerimonia solenne al fratello Francesco Veremondo il 27 giugno 1769.[154]


 

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